venerdì 1 aprile 2011

TAR per la Liguria (Sezione Prima) n. 353/06

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R.G.R. 104/2006
N. 353 SENT.
ANNO 2006

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione prima,
composto dai Magistrati:
- Renato Vivenzio – Presidente
- Antonio Bianchi – Consigliere
- Davide Ponte – I° Referendario – rel. est.
Ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n.104/2006 RG. Comitato Vivere Bene La Macchia, in persona del legale rappresentante pro tempore, Adriano rocedimen, Sandra Novani, Alberto Ragadini, Paolo Ferrari, Roberta Lombardo, Pierluigi Vasini, Annarosa Matafù, Giovanni Albano, Maria Elisa Tomaselli, Stefano Ferrari, Paola Tasso, Maria Elisabetta Quadrelli, Daniela Anna Tavilla, rappresentati e difesi dall’avv. Daniele Granara, presso lo studio del quale sono rocedimentali domiciliati in Genova, via San Vincenzo 2/8;

contro

Provincia di La Spezia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giampiero Barbieri, Veronica Allegri, con domicilio eletto in Genova, Via dei Mille 9, presso la Segreteria del Tar;
Comune di Vezzano Ligure, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. Furio Rappelli, con domicilio eletto presso l’Avv. Piera Sommovigo in Genova, via Corsica, 21/20;
Comune di Santo Stefano di Magra, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Casano presso lo studio del quale è selettivamente domiciliato in Genova, via Palestro n. 2;
Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, Azienda Unita’ Sanitaria Locale N. 5 “Spezzino”, Agenzia Regionale Per La Protezione dell’Ambiente Ligure – A.r.p.a.l., Societa’ Autostrada Ligure Toscana – S.a.l.t., Ente Nazionale Per Le Strade – A.n.a.s. Spa, Conferenza dei Servizi c/o Provincia di La Spezia, Comando dei Vigili del Fuoco, Societa’ di Valorizzazione Aree Retroportuali – S.v.a.r. Srl; in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituitisi in giudizio;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova V.le Brigate Partigiane 2;

e nei confronti di

Acam Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Piera Sommovigo, presso lo studio dei quali è selettivamente domiciliato in Genova, via Corsica,21/18-20;

per l’annullamento

della determinazione del dirigente dell’area ambiente della Provincia della Spezia n. 170 del 29.09.2005, area 08, prot. n. 39163, pubblicata sul B.U.R.L. n. 50, parte II, del 14.12.2005, avente ad oggetto approvazione del progetto definitivo di impianto di trattamento di rifiuti urbani e produzione di CDR in Comune di Vezzano Ligure presentato da ACAM s.p.a. ai sensi dell’art. 27 del D.Lgs. n. 22/1997 e dell’art. 34 della L.R. n. 18/1999 nonchè
per l’ previa sospensione, delle deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi del 16.09.2004, aventi ad oggetto “Conferenza Provinciale ex art. 34 L.R. n. 18/99 e art. 27 D.Lgs, n. 22/1997 e ss.mm.ii. – Progetto definitivo di impianto di trattamento di rifiuti urbani e produzione di CDR in Comune di Vezzano Ligure” e per l’annullamento, previa sospensione, di tutti gli atti presupposti, preparatori, inerenti e/o comunque connesso, ed in particolare: degli atti della Conferenza dei Servizi istruttoria del 16.12.2003; degli atti della Conferenza dei Servizi istruttoria del 4/05/2004; degli atti della Conferenza dei Servizi istruttoria dell’8.07.2004, del parere della Regione Liguria riguardante la variante urbanistica; della deliberazione della Giunta Regionale n. 851 del 2.08.2004 recante pronuncia di compatibilità ambientale condizionata; del nulla osta dell’ANAS in ordine alla fascia di rispetto autostradale; del parere favorevole condizionato di conformità antincendio rilasciato dal Comando Provinciale Vigili del Fuoco della Spezia con nota prot. n. 4362/P del 17.11.2004 e di ogni altro atto preparatorio,presupposto, inerente e/o connesso, cognito o non.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni comunali. Provinciali e statali intimate;
viste le memorie difensive;
visti gli atti tutti della causa;
designato relatore per la pubblica udienza del 23 marzo 2006 il giudice Dr. Davide Ponte;
uditi altresì i procuratori delle parti;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con il gravame introduttivo del giudizio gli odierni ricorrenti, nella rispettiva qualità di Comitato per la tutela dei valori ambientali della zona e di proprietari di immobili siti nei territori comunali di Vezzano Ligure e Santo Stefano Magra nella zona della piana delimitata dall’autostrada Genova – Rosignano, nel ribadire quanto già posto a fondamento del gravame proposto avverso la prima autorizzazione dell’impianto in questione, esponevano che in data 30\4\98 la Regione Liguria, i Comuni di Santo Stefano magra e di Vezzano ligure, l’Autorità portuale di La Spezia e la Salt S.p.a. stipulavano un accordo di programma teso: a prevedere l’assetto complessivo delle aree; ad insediare un autoparco per i mezzi pesanti pesanti nell’area del comune di Vezzano, come supporto logistico per lo sviluppo delle attività retroportuali; a completare l’assetto infrastrutturale del retroporto, con previsione di nuova viabilità per la distribuzione e la connessione tra le varie funzioni presenti nell’area; a realizzare una serie di edifici produttivi a ridosso dell’esistente piana intermodale quale prima fase operativa del futuro retroporto. A tal fine l’accordo apportava varianti agli strumenti urbanistici vigenti dei comuni odierni intimati (Vezzano e Santo Stefano Magra) e comportava l’approvazione dello strumento attuativo di inziativa pubblica per l’attuazione della zona D3R e relative aree di servizio, con contestuale rilascio della autorizzazione di massima della Regione, trattandosi di piano particolareggiato di interesse regionale, e dell’autorizzazione paesistica per la realizzazione dei seguenti interventi pubblici e privati: viabilità di connessione dell’autoparco con la bretella autostradale e tramite di connessione con la piastra intermodale in corso di realizzazione; varianti planimetriche ai progetti del retroporto e della suddetta piastra già approvati con DPGR 662\96.
L’attuazione degli interventi era affidata alla società odierna controinteressata, costituita con la partecipazione del Comune di Santo Stefano Magra, ad eccezione dell’autoparco la cui realizzazione era affidata alla società A.SP..
Per ciò che concerne un’area sita in comune di Vezzano, in località Saliceti – Vedicela, l’Acam S.p.a. Predisponeva altresì un progetto definitivo per la costruzione di un impianto di trattamento di rifiuti urbani e produzione di Cdr ai sensi dell’art. 27 d.lgs. 22\97.
All’esito positivo del relativo procedimento in conferenza di servizi (in sede referente, datate 16\12\2003, 4\5 e 8\72004, in sede deliberantedatata 16\9\2004), la Giunta provinciale di La Spezia deliberava di approvare ed autorizzare la realizzazione del suddetto impianto, sottoponendolo a ventuno prescrizioni e dando atto della circostanza per cui l’approvazione costituisce altresì variante allo strumento urbanistico vigente del comune di Vezzano.
Tale atto era oggetto di impugnativa decisa con sentenza 5\11\2005 n. 1429 di questo Tribunale che, in accoglimento dei motivi di incompetenza ed alla carenza di adeguate misure di pubblicità delle varianti urbanistiche, lo annullava.
Con il provvedimento di cui in epigrafe, datato 29\9\2005 e pubblicato sul bollettino ufficiale regionale del 14\12\2005, il dirigente dell’area ambiente della Provincia intimata convalidava la delibera di Giunta suddetta, annullata dalla sentenza 1429 cit., approvava il progetto ed autorizzava la realizzazione di un impianto di trattamento rifiuti urbani e produzione CDR.
All’atto impugnato si muovevano pertanto le seguenti censure:
- in via di illegittimità derivata gli stessi vizi già dedotti con il precedente gravame r.g. n. 274\2005, oggetto della sentenza 1429 cit.;
- violazione dell’art. 21 nonies comma 2 l. 241\90, eccesso di potere per difetto dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta, in quanto alla data della pubblicazione del provvedimento di convalida l’atto convalidato era stato annullato in sede giurisdizionale per vizi diversi;
- violazione degli artt. 21 nonies cit., 6 l. 249\68 e 107 commi 2 e 3 lett. F) d.lgs. 267\2000, nonché dei principi in materia di ratifica degli atti amministrativi, eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste, trattandosi di incompetenza assoluta;
- violazione degli artt. 27 comma 5 d.lgs. 22\97, 34 comma 5 l.r. 18\99, 8 e 9 l. 1150\42 nonché 59 l.r. 36\97, eccesso di potere sotto il profilo del difetto di presupposto, in quanto l’approvazione del progetto da parte della Provincia ha costituito variante al PRG di Vezzano senza il rispetto della disciplina partecipativa prevista dalla legislazione urbanistica nazionale e regionale;
- violazione degli artt. 27 e 28 d.lgs. 22\97, 34 l.r. 18\99, 1 ss. D.lgs. 152\99, 142 lett c) e 146 d.lgs. 42\2004, eccesso di potere per difetto di presupposto, istruttoria e motivazione in ordine alla compatibilità paesaggistica e idrogeologica dell’intervento;
- violazione degli artt. 7 ss. L. 241\90 e dei principi in materia di procedimento amministrativo, eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca ed illogicità manifesta, per mancato rispetto delle garanzie partecipative in capo a soggetti interessati quali i ricorrenti avverso l’atto convalidato.
Veniva altresì formulata domanda di risarcimento dei danni conseguentemente patiti.
Il Comune di Vezzano, la Provincia di La Spezia e la società controinteressata, costituitisi in giudizio, chiedevano la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto del gravame.
Il Comune di SantoStefano Magra, costituitosi in giudizio, chiedeva l’accoglimento del gravame.
Con ordinanza cautelare n.70\2006 questo Tribunale amministrativo regionale disponeva la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, fissando contestualmente la discussione del merito ex art. 23 bis l. 1034\71.
Alla pubblica udienza del 23\3\2006 la causa passava in decisione.

D I R I T T O

La presente controversia ha ad oggetto l’impugnazione, proposta dal Comitato Vivere bene la macchia e da alcuni privati residenti o proprietari di immobili siti in un ambito territoriale limitrofo all’intervento de quo, del provvedimento di convalida dei precedenti atti concernenti l’approvazione del progetto definitivo per la costruzione di un impianto di trattamento di rifiuti urbani e produzione di Cdr ai sensi degli artt. 27 d.lgs. 22\97 e 34 l.r. 34\99, già oggetto della sentenza di annullamento n. 1429 del 5\11\2005 di questo Tribunale.
Il reiterare delle eccezioni preliminari da parte della Provincia di La Spezia già esaminate nel precedente giudizio ne impone il riesame. Peraltro, sul punto e sulle ulteriori questioni già affrontate in quella sede, in assenza di elementi nuovi, occorre rinviare a quanto già evidenziato con la medesima sentenza 1429.
2. In via preliminare vanno quindi nuovamente esaminate le diverse eccezioni formulate in termini di inammissibilità del gravame sotto vari profili comunque ricollegabili alla carenza del necessario interesse ad agire in capo ai diversi soggetti ricorrenti.
Al riguardo, va distinta la situazione giuridica soggettiva azionata dai ricorrenti nel caso de quo in due diverse situazioni.
2.1 In primo luogo, viene in rilievo il “Comitato vivere bene la macchia” il quale, nella prospettazione ricorrente, agisce in quanto costituito per la salvaguardia e la tutela dei valori ambientali, paesistici e naturalistici della zona interessata dall’intervento, che condizionano la qualità della vita. Pertanto, tale soggetto fonda la propria asserita legittimazione quale ente esponenziale di interessi diffusi sul territorio interessato aventi natura ambientale.
In linea generale, la giurisprudenza prevalente espressa anche da questo Tribunale ha avuto modo di ribadire che un ente privato è comunque legittimato a ricorrere in giudizio, indipendentemente dalla sua specifica natura giuridica, pur non compreso tra le associazioni individuate ai sensi dell’art. 13, l. n. 349 del 1986, quando sussistano una serie di elementi: il perseguimento in modo non occasionale di obiettivi di tutela ambientale; l’ente abbia un adeguato grado di stabilità, un sufficiente livello di rappresentatività, un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato l’ambiente od il bene a fruizione collettiva che si assume leso (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 22 giugno 2004, n. 1020 e 18 marzo 2004 n. 267, Consiglio Stato, sez. VI, 7 febbraio 1996, n. 182 e T.A.R. Marche, 22 febbraio 2002, n. 184). Tali elementi trovano attualmente un ulteriore seppur parziale (in termini di interesse di rilievo giuridico e di stretta connessione all’ambito dell’autorizzazione paesaggistica) conforto normativo nell’art. 146 comma 11 d.lgs. 42\2004.
Nel caso di specie peraltro, coma già statuito in fattispecie analoga relativa all’attuazione dell’accordo di programma ed al medesimo Comitato (sentenza 1080 del 2005), va esclusa la sussistenza della invocata legittimazione in capo al Comitato odierno ricorrente a cagione dell’assenza di concreti elementi di prova in base ai quali dedurre gli elementi suddetti, in specie in ordine alla stabilità, alla non occasionalità dell’azione ed alla effettiva rappresentatività dell’ente privato.
Invero, in tali situazioni va ribadito che l’esplicita legittimazione al ricorso prevista a favore delle associazioni ambientaliste di dimensione nazionale non esclude la legittimazione, limitata al fine dispiegare un intervento “ad adiuvandum”, di organismi, comitati o associazioni che si costituiscano in ambito territoriale al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio, ove non solo il loro statuto ma i loro programmi e le loro attività risultino effettivamente orientati nel senso di voler proteggere l’ambiente e la salute nella data località (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657). Tuttavia, a fini di legittimazione occorre dimostrare la sussistenza dei presupposti sopra richiamati, privi di concreta prova nella presente fattispecie.
Incidentalmente, va evidenziato come nel caso de quo ai fini in esame non assuma rilievo l’insussistenza del vincolo paesaggistico nell’area dell’intervento, emersa all’esito dell’istruttoria e su cui si avrà modo di approfondire in seguito, in quanto le associazioni ambientali sono legittimate ad impugnare dinanzi al giudice amministrativo ogni provvedimento autoritativo che incida sull’ambiente, anche se lo specifico bene oggetto del provvedimento impugnato non sia stato sottoposto ad uno specifico vincolo (ad esempio, paesistico, archeologico, idrogeologico) (cfr. altresì in materia Consiglio Stato sez. V, 1 dicembre 1999, n. 2030 e TAR Liguria n. 1080\2005). Nel caso di specie, infatti, la natura dell’impianto, dei materiali trattati e le relative emissioni (al riguardo la lettura del provvedimento di produzione cdr), nonché le caratteristiche della zona interessata, caratterizzata altresì da insediamenti residenziali, confermano il rilievo dell’intervento e degli interessi coinvolti; in proposito, l’esame della stessa autorizzazione impugnata in via principale mette in evidenza le previste attività di trasporto e trattamento rifiuti, coinvolgenti evidentemente la tutela della salubrità ambientale, anche in assenza di espresse tutele paesaggistiche. In generale, in merito alla distinta, pur se connessa, tutela dell’ambiente e dei beni culturali è sufficiente richiamare l’art. 117 comma 2 lett. S) della Cost., il quale prevede “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”; in ordine all’attuazione di tale norma ed all’autonomia dei profili concernenti i beni culturali in senso lato, fra cui rientrano i beni paesaggistici, va richiamato lo stesso codice dei beni culturali di cui al d.lgs. 42 del 2004; da ciò non può che derivare l’autonomia dei profili di tutela della salubrità ambientale da quelli, comunque connessi, relativi alla sussistenza di un vincolo paesaggistico, già evidentemente conosciuta dal legislatore (cfr. ad es. l’art. 6 l. 349 del 1986 che prevede in caso di valutazione di impatto ambientale la concorrente competenza dei Ministeri dell’ambiente, per i profili di salubrità ambientale, e per i beni culturali, per i profili paesaggistici in senso stretto).
2.2 In secondo luogo, viene in considerazione la situazione facente capo agli odierni ricorrenti che agiscono quali privati residenti in prossimità dell’intervento contestato; a quest’ultimo riguardo, assumono preminente rilievo le specifiche e non contestate affermazioni contenute in ricorso nonché gli elementi concreti forniti in ordine alla residenza ed alla collocazione dei relativi immobili nelle immediate vicinanze dell’area interessata dall’intervento. Ciò appare sufficiente in termini di legittimazione al ricorso, in considerazione della sussistenza del relativo necessario interesse giuridico, a fini di contestazione dei profili sia di carattere urbanistico che di rilievo ambientale sopra enucleati.
Sotto il primo profilo, costituisce jus receptum quello in base al quale il proprietario dell’immobile viciniore o finitimo a quello oggetto dell’intervento edilizio assentito con i titoli in contestazione, è legittimato ad impugnarli, per la tutela dei valori urbanistici garantiti dalle prescrizioni vigenti in materia (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. V, 14 ottobre 1998, n. 1467).
Più in particolare, e in termini rilevanti sotto entrambi i profili (urbanistico e di salubrità ambientale) per ciò che concerne la natura del provvedimento di autorizzazione impugnato e dell’impianto di cui si è così autorizzata la realizzazione, è sufficiente richiamare l’opinione espressa da questo Tribunale e dalla stessa prevalente giurisprudenza amministrativa a tenore della quale sono legittimati ad impugnare un’autorizzazione all’esercizio di un impianto di smaltimento di rifiuti i cittadini residenti nelle vicinanze dell’impianto stesso a tutela del proprio diritto alla salute (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. IV, 31 agosto 2004, n. 5715 e T.A.R. Liguria, sez. I, 25 maggio 2004, n. 813).
Nel caso de quo gli odierni ricorrenti sono titolari di un interesse qualificato ad opporsi all’approvazione del progetto di realizzazione dell’impianto in esame, che si reputano adottati “contra legem” o in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, interesse il quale ricorre allorché sussista uno stabile collegamento fra il soggetto agente e la zona incisa dall’assentita concessione, con particolare riferimento ai residenti nelle aree limitrofe a quella in cui sorge l’impianto assentito, senza che peraltro debba esser data dimostrazione della sussistenza di un interesse qualificato alla tutela giurisdizionale (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 28 gennaio 2004, n. 104 e Consiglio Stato, sez. V, 15 settembre 2003, n. 5172).
Invero, l’analisi della documentazione versata in atti conferma come i ricorrenti privati proprietari siano residenti in zona prossima all’impianto: alcuni (residenti in via Prima piano Vezzano) addirittura nelle immediate vicinanze; gli altri, pur se formalmente residenti nel territorio del comune di Santo Stefano Magra, verrebbero a subire analoghi effetti in considerazione della natura dell’impianto, dei materiali e delle emissioni previste nonché delle caratteristiche della zona. A quest’ultimo proposito, va evidenziato come l’intervento in esame si collochi nell’ambito di un più ampio progetto (ricollegabile all’accordo di programma del 1998) teso ad incidere e modificare la destinazione e le caratteristiche dell’intera area coinvolgente i territori dei comuni di Vezzano Ligure e di Santo Stefano Magra.
Tale legittimazione non può che ritenersi estesa, in specie in ipotesi di rilevanti trasformazioni urbanistiche dell’area interessata quale quella di specie, avverso gli atti di pianificazione urbanistica in variante nonché attuativa, in quanto costituenti i provvedimenti presupposti per la realizzazione concreta degli interventi assentiti; in materia la costante opinione giurisprudenziale ha avuto più volte modo di affermare che sussiste l’interesse all’impugnazione della variante di piano regolatore anche da parte del soggetto che è proprietario di aree diverse da quelle direttamente incise dalle varie previsioni urbanistiche, allorché tali previsioni abbiano comunque rilevanza sul godimento e sul valore di mercato di dette diverse aree e sugli interessi del loro proprietario (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. V, 21 dicembre 1992, n. 1543). La rilevanza di tali principi nel caso di specie emerge dalla semplice considerazione che l’approvazione del progetto comporta variante allo strumento urbanistico comunale vigente.
In definitiva, l’approvazione di un impianto di grande rilievo ed impatto come quello in esame coinvolge gli interessi di carattere sia ambientale (anche indipendenti dai profili paesaggistici) che urbanistico, sulla cui autonomia e considerazione è sufficiente anche qui richiamare i distinti ambiti in cui sono presi in considerazione dal legislatore costituzionale (art. 117 comma 2 lett s, per la tutela dell’ambiente, art. 117 comma 3 per il governo del territorio), in ordine ai quali l’ordinamento riconosce tutela giurisdizionale in capo ai cittadini residenti o proprietari di immobili in zona quali portatori di specifiche situazioni giuridiche soggettive, ben individuabili.
In ordine ai rischi per la salubrità ambientale e per la sostenibilità urbanistica paventati dai ricorrenti nel caso di specie a sostegno della suddetta legittimazione, va ribadito quanto già evidenziato relativamente alle attività di trasporto dei rifiuti, di stoccaggio, di trattamento e raffinazione degli stessi, di produzione di cdr nonché di pressatura e di uscita del materiale stesso, chiaramente individuabili da una attenta lettura degli atti impugnati.
2.4 Ad analoghe conclusioni positive in ordine alla sussistenza della legittimazione deve giungersi per la società ricorrente la quale, nel gestire un esercizio commerciale in loco, assume la connotazione di soggetto giuridico con stabile collegamento, con la conseguenza che per essa valgono le considerazioni sin qui svolte in ordine agli altri proprietari di immobili in zona limitrofa all’intervento.
2.5 La natura e la qualificazione espressa in termini di convalida dell’atto impugnato comportano altresì l’infondatezza dell’eccezione preliminare di irricevibilità per tardività, in quanto il termine per impugnare decorre nel caso de quo non certo dalla mera pubblicazione all’albo pretorio provinciale quanto piuttosto dalla piena conoscenza in capo ai soggetti direttamente interessati, sia sotto un profilo formale in quanto espressamente indicati dall’atto (gli odierni ricorrenti), sia sotto un profilo sostanziale in quanto destinatari degli effetti pregiudizievoli dell’atto che verrebbe a superare il provvedimento impugnato in sede giurisdizionale.
3. Passando all’analisi del merito, lo stesso appare fondato sotto gli assorbenti profili di cui al secondo ed al sesto motivo di gravame.
3.1 Dalle stesse premesse di cui alla narrativa in fatto emerge come il provvedimento impugnato abbia ad oggetto la convalida della precedente deliberazione di Giunta annullata con la sentenza 1429 e l’approvazione del progetto per la realizzazione dell’impianto in questione.
3.1.1 Con il secondo motivo di gravame parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 21 nonies comma 2 l. 241\90, eccesso di potere per difetto dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta.
Nel caso di specie, l’analisi della documentazione prodotta in giudizio evidenzia come il provvedimento di convalida sia stato adottato in data 29\9\2005, pubblicato all’albo pretorio della Provincia stessa sino al 21\10\2005 (come attestato in data 22\10\2005) e a quello del Comune di Vezzano dal 28\11\2005 al 30\12\2005, nonché pubblicato sul BURL il 14\12\2005, mentre la sentenza di annullamento dell’atto oggetto di convalida è stata pubblicata in data 5\11\2005 ed il relativo dispositivo già in data 21\10\2005, rispetto ad un’udienza di discussione del merito già fissata da tempo (sulla scorta di un rinvio concordato fra le parti alla precedente udienza del 14\7\2005) per il giorno 20\10\2005. In proposito, appare ben strano che nell’ambito di tale precedente giudizio, in cui la stessa Provincia era costituita ed adeguatamente difesa, nella copiosa documentazione prodotta dalle parti resistenti non abbia trovato posto anche tale atto, avente ad oggetto la convalida proprio del provvedimento impugnato
Pertanto, oltre a non essere stato prodotto nel giudizio pendente avverso l’atto convalidato, alla data di adeguata pubblicazione (e comunque in assenza di comunicazione ai diretti interessati) lo stesso atto oggetto di convalida era stato annullato da una sentenza di primo grado, avente efficacia esecutiva ex art. 33 l. 1034\71 (come modificato dalla l. 205\2000) e non sospesa in sede di appello. Né in senso contrario può assumere rilievo la mera pubblicazione all’albo pretorio dell’ente che ha adottato l’atto, sia in considerazione della natura di convalida del provvedimento in esame e delle relative conseguenze già in parte individuate, sia in quanto la decorrenza degli effetti della relativa pubblicazione (attestata in data 22\10\2005) è successiva all’udienza di discussione (20\10\2005) e soprattutto alla pubblicazione (ex art. 23 bis l. 1034\71) del dispositivo della sentenza di annullamento dell’atto convalidato (21\10\2005).
L’art. 21 nonies comma 2 invocato da parte ricorrente statuisce che è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Nel caso de quo il provvedimento alla data di sua adeguata pubblicazione più che annullabile era stato annullato in sede giurisdizionale e pertanto non poteva essere oggetto di convalida. In generale, la adeguata pubblicazione e la comunicazione assumono preminente rilievo affinché il provvedimento produca i propri effetti, tanto è vero che tradizionalmente le stesse integrano la quarta ed ultima fase del procedimento amministrativo detta in generale fase integrativa dell’efficacia, in specie nel caso in cui il provvedimento vada ad incidere su situazioni giuridiche soggettive specifiche e ben conosciute dalla stessa amministrazione.
In generale, anche al fine di impostare un corretto rapporto fra esercizio del potere amministrativo e tutela giurisdizionale, assume altresì rilievo la prevalente opinione giurisprudenziale a tenore della quale la possibilità della convalida del provvedimento viziato da incompetenza anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale (cfr. art. 6 l. n. 249 del 1968), deve essere intesa nel senso che l’esistenza di una controversia giudiziaria non preclude la ratifica dell’ atto solo se questo non è stato già annullato durante il giudizio di prima istanza o anche in appello, quando il ricorso di primo grado è stato respinto (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 739).
3.1.2 La censura appare altresì fondata nei dedotti termini dell’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà. Al riguardo, va premesso che in via generale presupposti ed elementi della convalida sono considerati l’individuazione dell’atto da convalidare, la specificazione del vizio da eliminare ed il c.d. animus convalidandi, cioè la volontà di rimuovere il vizio; al riguardo, in giurisprudenza è stato ribadito, da un lato, che la convalida dell’atto amministrativo presuppone la consapevolezza del vizio che inficia il provvedimento e consiste in una dichiarazione espressamente diretta ad eliminare il vizio stesso; pertanto, essa non è configurabile in caso di mera presa d’atto del provvedimento (cfr. ad es. Consiglio Stato sez. IV, 9 aprile 1999, n. 597).
Diversamente, nel caso de quo il provvedimento appare contraddittoriamente ed illogicamente adottato in quanto il dirigente, pur provvedendo a convalidare la delibera di Giunta, la ritiene legittimamente adottata (ultimo ritenuto a pag. 4765 del Bollettino di pubblicazione dell’atto) riportando le difese svolte in giudizio (e ritenute infondate in sentenza) con una curiosa inversione rispetto alla tradizionale questione della possibile integrazione in sede giurisdizionale della carente motivazione del provvedimento.
3.2 Del pari fondato appare il sesto motivo di gravame laddove si censura l’adozione di un atto di convalida senza il rispetto delle garanzie partecipative al relativo procedimento facenti capo ai soggetti che quel provvedimento hanno impugnato in sede giurisdizionale.
In generale, va ricordato che l’art. 7, l. n. 241 cit. impone l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi nonché agli altri soggetti, individuati o facilmente individuabili, che possono subirne pregiudizio, superando in tale maniera il modulo “di definizione unilaterale del pubblico interesse, oggetto, nei confronti dei destinatari di provvedimenti restrittivi, di un riserbo ad excludendum, già ostilmente preordinato a rendere impossibile o sommamente difficile la tutela giurisdizionale “ degli interessati , introducendo il sistema della democraticità delle decisioni e dell’accessibilità dei documenti amministrativi (cfr. ad es. Consiglio Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7592).
Orbene, in caso di proposizione di ricorso giurisdizionale avverso un provvedimento amministrativo ritenuto lesivo delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute dall’ordinamento in capo ai medesimi ricorrenti appare evidente come l’atto di convalida del provvedimento impugnato sia tale da provocare un immediato pregiudizio per i ricorrenti stessi, verso i quali pertanto deve essere garantito il rispetto delle garanzie partecipative di cui alla normativa invocata.
Il rispetto delle predette garanzie emerge altresì dall’inquadramento del potere di convalida nell’ambito del più generale potere di autotutela cioè di incidere sui propri precedenti atti; tale opinione trova conferma nella disciplina introdotta dalla recente riforma della l. 241 che ha inserito la convalida nell’ambito dell’art. 21 nonies dedicato all’annullamento d’ufficio
Inoltre, diversamente da quanto sostenuto da parte resistente, il provvedimento di approvazione di un progetto di tale impatto importava da parte dell’organo competente l’obbligo di una rivalutazione autonoma degli interessi coinvolti e degli elementi acquisiti nel precedente procedimento; ciò in specie alla luce della competenza specifica riconosciuta dall’ordinamento in capo all’organo di gestione rispetto all’organo politico.
Né appare invocabile l’art. 21 octies sia sotto un profilo formale, sia sotto un profilo sostanziale: nel primo senso in quanto l’onere processuale di prova del fatto che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, e facente capo all’amministrazione in giudizio, non risulta essere stato assolto; nel secondo senso, in quanto in capo al dirigente faceva capo l’obbligo di rivalutare gli interessi e gli elementi suddetti, mentre dall’analisi del provvedimento emerge come lo stesso abbia fatto proprio acriticamente la valutazione favorevole della Giunta, senza svolgere alcun pur minimo incombente istruttorio.
Incidentalmente, deve essere evidenziato come lo stesso Giudice di appello in sede cautelare abbia evidenziato il rimedio della rinnovazione totale o almeno parziale del procedimento.
3.3 In ordine alle restanti censure dedotte con gli ulteriori motivi di ricorso, va dichiarata in primo luogo l’infondatezza del primo ordine di profili con cui vengono ribadite le censure già poste a fondamento del precedente gravame: in proposito è sufficiente rinviare alla argomentazioni negative già svolte nella sentenza 1429\2005 cui si rinvia.
3.4 Del pari infondato è il terzo ordine dei motivi, in quanto all’interno dello stesso ente locale nel riparto fra organo politico e di gestione si pone una questione di incompetenza relativa e non assoluta. In generale va infatti ribadito che si ha incompetenza assoluta quando il provvedimento risulti emanato da un organo che, oltre ad essere non competente, appartenga ad un’amministrazione diversa da quella titolare del potere, in specie laddove l’amministrazione che ha adottato l’atto non è titolare di funzioni nella relativa materia. Peraltro, nell’ipotesi in cui si accedesse alla tesi della nullità si porrebbero alcuni dubbi in ordine alla sussistenza della giurisdizione in capo al giudice adito.
3.5 Relativamente al quinto ordine di profili vanno ribadite le considerazioni già svolte nell’ambito della sentenza n. 1429 citata, non sussistendo l’invocato vincolo.
3.6 Ancora sulla scorta delle stesse argomentazioni di cui alla sentenza n. 1429 appare invece fondato il quarto motivo di gravame, in quanto come si è già avuto modo di osservare, ai sensi dell’art. 27 comma 5 d.lgs. 22 cit. “l’approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L’approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori”. In termini analoghi, la norma attuativa regionale statuisce che “l’approvazione del progetto da parte della Provincia sostituisce ad ogni effetto e comprende le eventuali prescrizioni di visti, pareri, autorizzazioni, …. E concessioni, comprese quelle edilizie, di organi, provinciali e comunali, e consente, ove occorra, la realizzazione dell’impianto anche in variante agli strumenti urbanistici vigenti e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori”.
Pertanto, se da un lato la norma nazionale afferma che l’approvazione costituisce variante, con ciò dettando un principio in termini di effetti per il governo del territorio, dall’altro lato la norma regionale ne ribadisce l’effetto autorizzatorio e di contestuale variante urbanistica. Da ciò tuttavia non può desumersi la possibilità di elidere in toto la rilevanza degli altri principi desumibili dalla disciplina del governo del territorio in ordine alla competenza comunale in tema di variazioni urbanistiche della disciplina del proprio territorio nonché, in particolare per ciò che concerne nel caso de quo, in ordine al rispetto delle garanzie partecipative dettate anche per l’adozione ed approvazione di atti di rilevante impatto urbanistico in quanto comportanti una profonda modificazione della disciplina vigente di governo e uso del territorio. Infatti, le esigenze fondamentali poste a base della partecipazione alla fase rocedimentali di approvazione di varianti urbanistiche di tale rilievo, impone anche in sede di procedimento speciale l’adozione di misure di pubblicità adeguate al fine di rispettare le suddette esigenze. In termini di ricognizione dei principi fondamentali del governo del territorio assume rilievo altresì il necessario rispetto delle garanzie partecipative: il che non porta ad escludere l’effetto imposto dalla normativa invocata alla luce del preminente interesse sotteso alla gestione dei rifiuti, comportando unicamente la necessità di rispettare una scansione rocedimentali dettata da norme di principio concorrenti e tesa a garantire il rispetto dei principi procedimentali connessi, a loro volta aventi la funzione di acquisire gli interessi giuridicamente coinvolti a livello urbanistico. Quindi, occorre adottare le procedure di pubblicità previste dalla vigente legislazione urbanistica, tali da garantire il rispetto dei principi sottesi alla conseguente variante urbanistica, non solo quelli connessi strettamente all’approvazione dell’impianto.
4. Alla luce delle considerazioni sopra svolte l’accoglimento del gravame in ordine ai tre profili richiamati, nei limiti in cui è stato proposto dai soggetti riconosciuti legittimati, comporta l’annul¬lamento del provvedimento impugnato.
Diversamente appare prima facie inammissibile la domanda risarcitoria, sia per l’assoluta genericità della sua formulazione, sia in considerazione degli effetti derivanti dall’accoglimento della domanda cautelare (cfr. ad es. T.A.R. Liguria, sez. I, 20 febbraio 2004, n. 179).
Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza per ciò che concerne l’amministrazione provinciale che ha adottato il provvedimento impugnato.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le altre parti spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. int. I, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna l’amministrazione provinciale resistente alla rifusione di spese ed onorari di giudizio in favore di parte ricorrente, liquidate in complessivi euro 6.000,00 (seimila\00), oltre accessori dovuti per legge. Spese compensate fra le restanti parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 23 marzo 2006.

L’Estensore Il Presidente
D. Ponte R. Vivenzio

Depositata in segreteria
il…7 APR. 2006
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione
(Dott.ssa A. CALCAGNO)

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